Ho intervistato la Dottoressa Anna Vaccarelli, Dirigente Tecnologo dell’IIT (Istituto di Informatica e Telematica) e responsabile delle relazioni esterne del registro .it (l’organismo tecnico che si occupa di mantenere l’elenco dei nomi a dominio che finiscono per “.it”). A dicembre 2021, la Italian Computer Society l’ha premiata come migliore informatica d’Italia.
Lei è dirigente tecnologo dell’IIT
Istituto di Informatica e Telematica
Responsabile delle relazioni esterne di Registro.it. È l’ente che si occupa delle registrazioni dei nomi a dominio .it.
Corretto.
A dicembre 2021 la Italian Computer Society l’ha premiata come “migliore informatica d’italia, tra le pioniere della cybersecurity, della divulgazione scientifica rivolta al digitale in Italia ed esperta a livello internazionale”.
Ho cominciato a occuparmi di cyber security alla fine degli anni novanta / inizi del 2000, quando ancora era un argomento molto di nicchia. Nel mio istituto a Pisa ho cominciato a sviluppare questi temi. Quindi è nato un gruppo di ricerca competitivo a livello internazionale, ed è attualmente uno dei più importanti in questo settore in Italia. Il registro è un organismo tecnico che è sempre stato gestito dal CNR sin dalla sua nascita nel 1987. Si occupa di tenere in ordine tutti i nomi della rete che finiscono per .it. C’è tutta la parte (quella di cui mi occupo io) l’esposizione verso l’esterno del registro. Abbiamo dei progetti importanti sulla divulgazione della cultura digitale, su due filoni principali. Uno è quello rivolto alle imprese per cercare di spiegare che la rete offre una serie di opportunità. L’altro filone è quello della formazione nelle scuole: cercare di prenderli da piccoli. Spiegare ai bambini tutto quello che riguarda la rete, da come funziona ai temi della privacy, dei social network ma anche la cyber security. Tutte queste attività sono sul sito della ludoteca del registro. È tutto gratuito. Anche adulti possono trovare materiale: c’è una piccola serie che abbiamo intitolato “non è mai troppo web”. È proprio rivolta agli ultrasessantenni perché rievoca la trasmissione del maestro Manzi, che insegnava l’italiano attraverso la televisione e si chiamava “non è mai troppo tardi”.
Negli ultimi due anni c’è stata la DAD. Molte aziende hanno costretto (che poi non è stata una costrizione) i dipendenti allo smart working. Quale impatto ha avuto tutto questo sulla sicurezza informatica?
Gli attacchi sono molto aumentati. Negli ambienti di lavoro uno mette il firewall, stabilisce delle politiche, … la rete di casa è sguarnita. Non sempre hai un dispositivo del datore di lavoro. Spesso è un tuo dispositivo personale che viene usato magari anche da altre persone, tante volte sullo stesso utente. Questo spiega il furto dei dati della Regione Lazio qualche mese fa. Lo scenario è più ampio, soprattutto per l’avvento dell’internet delle cose. C’è il famoso frigorifero che può diventare un punto debole della rete. Questi nuovi dispositivi non nascono con degli strumenti di sicurezza già all’interno prima di metterli in circolazione. Uno potrebbe adottare alcune contromisure ma magari non pensa al fatto che deve proteggere il frigorifero. Il frigorifero dovrebbe già nascere con delle protezioni. Lo scenario più ampio… secondo me sono due: uno è quello del furto dei dati. Oggi hanno un valore economico. Raccogliere dati per poterli rivendere, per un malintenzionato, è uno degli affari migliori. E l’altro è quello delle interruzioni dei servizi. Ci sono stati già interruzioni di rete elettrica in alcune zone dell’europa dell’est, dovute a un attacco informatico.
Cosa ne pensa di Meta? Crede che renderà migliori le nostre vite?
Io sinceramente credo che lascerà tale e quali. Quello che vedo come sviluppo di Meta è la parte economica: l’interesse delle aziende di poter avere un nuovo mercato su cui vendere. Cosa c’è in più? Il divertimento di partecipare a questa sorta di videogioco in tempo reale. Non credo che possa diventare la vita di ciascuno di noi.
Cosa ne pensa del digital divide in Italia? Cosa potrebbe o dovrebbe fare il governo per cercare di mitigare o risolvere il problema?
Come prima cosa dovrebbe portare la rete dappertutto. Se non c’è lo strumento di base, il digital divide non si può evitare. Supponiamo che questo succeda, che col 5G arrivi dappertutto. Poi ci vuole tutta un attività di formazione ed educazione. Secondo me l’unica strada ormai è lavorare sulla scuola. Costruire cittadini più consapevoli. Ci sono le ore obbligatorie di educazione civica. Di queste, quattro sono di cittadinanza digitale. Quattro ore in un anno di cittadinanza digitale è veramente un po’ poco.
I ragazzi di oggi passano molto tempo davanti allo smartphone. È stato dimostrato che in molti di loro (soprattutto giovani ragazze) questo può generare stati di ansia e di paura. Cosa consiglierebbe ai giovani?
La tecnologia è uno strumento. Non è che la tecnologia è la causa di tutto questo! La demonizzazione, tra virgolette, della tecnologia mi ricorda la demonizzazione della TV, come anche quella della dipendenza dai videogiochi. I ragazzi che hanno questi disturbi legati anche all’uso eccessivo della tecnologia hanno qualche altro problema. Non è che la tecnologia, dal nulla, ti induce a una serie di cose. Tu ti isoli dal mondo perché non ci stai bene.
Quando si iscrisse all’università le venne consigliato esplicitamente da un professore di cambiare facoltà.
Mi disse che il cervello delle donne era diverso da quello degli uomini e che non ce l’avremmo mai fatta.
Malgrado questo lei si laureò in ingegneria elettronica. Come si fa a non lasciarsi abbattere?
Basta pensare a quanti prima di te ce l’hanno fatta. Era comunque un percorso di studi abbastanza selettivo, ed era quella la maggiore difficoltà: pensare “rientrerò in questo numero”? Non avere il dubbio di avere il cervello adatto. Tanti ce l’avevano fatta prima di me. Perché non potevo farcela anch’io?
Morale della favola: mai dare peso al giudizio degli altri.
Fino a un certo punto. Non mi lascio mettere in crisi dal giudizio degli altri. Lo ascolto, perché magari può essere anche utile per migliorare alcune cose. Certamente bisogna avere una buona opinione di sé, essere consapevoli, oggettivamente, delle proprie capacità e non lasciarsi scoraggiare o pensare di essere meno importante, meno bravo, meno capace di tanti altri.